Le rose italiane di Andrew Hornung (parte seconda: la Liguria)

 Eh sì, la Liguria è protagonista di diversi capitoli di: Le rose Italiane di Andrew Hornung, edito da Pendragon che sto sfogliando con voi. Ben quattro capitoli, infatti, ruotano intorno alla mia bella regione e in particolare alla Riviera di ponente.

Mentre la grande produzione di rose prosegue in Francia, Inghilterra e Germania lungo tutto il corso del 1800 per regalarci dagli anni '30 in poi alcune delle varietà da giardino più belle, tra cui le Bourbon, le Tè e gli ibridi rifiorenti, in Italia si vede una ripresa dell'ibridazione sul finire del secolo. La lunga pausa tra la produzione Lombarda degli anni '30 e la ripresa fu dovuta a diversi fattori economici, ma anche socio-culturali. Un grande impulso allo sviluppo della floricultura della nostra Riviera si ebbe oltre che grazie al clima favorevole e alla vicinanaza con la Francia, anche a seguito della Rivoluzione Industriale e soprattutto all'ampliamento della rete ferroviaria e dei trasporti. E' una storia davvero interessante che Hornung racconta in modo scrorrevole e molto chiaro.


La linea ferroviaria Genova - Ventimiglia

Lo sviluppo della floricultura in Liguria si concentrò soprattutto sul mercato del reciso e quindi, parlando di rose, sugli Ibridi di tè in particolare con i loro steli rigidi e fiori resistenti. La produzione si concentrò soprattutto nella zona di Sannremo, Ospedaletti e Ventimiglia e vide tra i protagonisti coloro che ruotavano intorno alla Stazione Sperimentale di Sanremo specializzata nello studio delle ibridazioni e nell'acclimatamento delle piante esotiche. Tra i personaggi maggiormente influenti della Stazione non posso non citare Mario Calvino e Eva Mameli (prima donna ad ottenere l libera docenza di botanica all'Università di Pavia), genitori di Italo Calvino. Oltre al valore scientifico del loro lavoro, mi piace citarne anche l'impegno di divulgazione che Hornung ricorda. I Calvino, con i loro scritti publicati anche su alcune riviste dedicate al giardino, cercarono di educare la gente comune alle corrette pratiche di coltivazione dei fiori e degli ortaggi per trarne il maggiore vantaggio, cioè per trarne un guadagno.  Calvino fa una netta distinzione tra giardinaggio inteso come una pratica di coltivazione dei fiori a scopo ornamentale privato e floricultura volta a soddisfare il mercato: aveva intuito la potenzialità di questo settore e voleva favorirne al massimo lo sviluppo. Fu proprio la coppia di botanici a fondare nel 1931 un periodico chiamato: 'Il giardino fiorito' per stimolare l'interesse verso il giardinaggio privato, a favore del mercato di settore che subirà un duro colpo nel periodo delle due guerre per riprendersi poi lentamente negli anni '50.


Mario Calvino

Oltre alla Liguria, l'epoca d'oro della floricultura italiana legata alla rosa vede protagonista anche Bologna, dove nasce una delle rose più amate ancora oggi: la Bourbon 'Variegata di Bologna' introdotta da Bonfiglioli nel 1909 (anche lei da inserire tra le bourboniane del Roseto di Murta). Dello stesso anno 'Ricordo di Giosuè Carducci' di Mario Lodi uno dei primi ibridi di tè prodotti da questa azienda e già in coltivazione a Murta. Bellissima anche la rosa tè 'Clementina Carbonieri' del 1913.

'Variegata di Bologna'


'Ricordo di Giosué Carducci'


'Clementina Carbonieri'

Passione Banskiae

Un altro protagonista di questa fase fu il tedesco Ludwig Winter, giardiniere e paesaggista di Villa Hanbury che a Ventimiglia aprirà il suo vivaio dove metterà in commercio le diverse varietà di Banskiae, rose cinesi sarmentose introdotte da Sir Joseph Banks a fine '700, che furono apprezzate da diversi importanti ibridatori italiani, primo fra tutti il sanremese Domenico Aicardi: uno dei produttori di rose italiani più conosciui e amati al mondo che lavorò presso la Stazione Sperimentale 'traghettando (con Mario Calvino) l'indutria floricola della Liguria occidentale verso l'era moderna, liberandola dal giogo dei coltivatori francesi' (cit. pag. 134). Partito con i garofani, sul finire degli anni '20 si concentrò sull'ibridazione delle rose, favorito anche dalla nascita di roseti prestigiosi come quello di Roma e concorsi legati a questo fiore che lo fecero conoscere e apprezzare molto negli Stati Uniti. Aicardi scrisse con entusiasmo della bellezza delle Banskiae in fiore, ma non le utilizzò mai nei suoi programmi di ibridazione. 


Villa Hanbury

Nel 1807 una Banskiae bianca era già nel Parco di Monza. Progressivamente arrivarono le altre che si fecero amare per le loro dimensioni e per le loro spettacolari fioriture. Il primo ibridatore a usarle in modo consistente in Italia fu il Toscano Attilio Ragionieri che nel 1920 ottenne 'Ibrido di Castello', una delle rose italiane ancora oggi più amate. Dopo di lui, il testimone passò ai Mansuino, dinastia ancora una volta sanremerse, che si propose un obiettivo ambizioso: creare una discendeza dalla Rosa Banskiae che fosse migliorata nella rifiorenza e nella gamma di colori. Nei loro esperimenti si usarono le rose cinesi a noi note e la Banskiae lutea, dando origine a quella che oggi è nota come dinastia mansuiana la cui  regina è 'Purezza' del 1951 ancora oggi molto conosciuta e amata.


'Ibrido di Castello'

'Purezza'

Nel prossimo post, l'ultima parte del libro che guarda al lavoro di importanti vivaisti e ibridatori italiani quali gli Sgaravatti e i Barni e ai principali Roseti e premi internazionali per le nuove introduzioni che sono stati creati qui nel nostro bel paese.

Seguitemi.....









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